Unanimità del condominio: quando serve?

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Vivere in un condominio non è sempre facile, soprattutto quando si devono fare i conti con l’assemblea condominiale e tutto il trambusto che, alle volte, ne consegue. 

L’assemblea condominiale è un organo collegiale che ha come fine ultimo quello di assumere le decisioni più importanti per il condominio.

Qualche volta può essere fissata in orari o giornate particolari, in cui è difficile liberarsi per partecipare, altre volte invece, non si ha il minimo interesse a presenziare a tale incontro e si preferisce delegare terze persone. 

Tuttavia, le decisioni dell’assemblea condominiale non sempre vengono deliberate con la maggioranza, poiché in alcune circostanze è obbligatoria l’unanimità di tutti i condòmini. 

Andiamo a scoprire quando, secondo la legge, nessun inquilino del condominio può svincolarsi dalle decisioni dell’assemblea condominiale.

Maggioranza e unanimità: quali sono le differenze

Molto spesso si confonde il concetto di maggioranza pensando all’unanimità, probabilmente perché, per alcune fattispecie delle delibere, vige la regola di poter delegare qualcun altro a partecipare e dare il via libera per una decisione, senza dovervi assistere personalmente; oppure perché i condòmini presenti raggiungono una maggioranza tale da considerarsi, erroneamente, unanimità.

In realtà maggioranza e unanimità sono due concetti differenti, ma entrambi regolati dal Codice Civile

Il Codice Civile con l’art. 1117-ter c.c., in merito alla maggioranza dell’adozione di una delibera, ha previsto due leggi: 

  • la maggioranza semplice
  • la maggioranza qualificata.

La prima, quella semplice, si raggiunge quando un terzo dei condòmini (cioè 334/1000 millesimi) dà il via libera alla delibera, mentre quella qualificata prevede, a sua volta, la maggioranza dei presenti, ovvero il 50% più uno (e il 50% dei millesimi, pari a 500/1000).

L’unanimità si raggiunge, invece, con la delibera da parte di tutti i condòmini (presenti e assenti), cioè con il 100% delle teste (1000/1000). 

Quando è necessaria l’unanimità del condominio?

Sono molteplici le circostanze in cui non basta la maggioranza per deliberare, ma serve l’unanimità. 

Si tratta di decisioni che toccano in maniera diretta i diritti di ogni singolo condòmino, come ad esempio la modifica estetica dell’intero edificio. 

Le altre fattispecie includono: 

  • La modifica dei parametri che finalizzano la ripartizione delle spese di condominio (Cass. sent. n. 6714/2010.): la doppia maggioranza, cioè il 50%+1 degli intervenuti in assemblea + ½ dei millesimi, può deliberare tale modifica. Tuttavia, se viene richiesta una variazione ai parametri, serve l’unanimità dei condòmini (presenti e assenti all’assemblea). 
  • La modifica (Art. 1128 co.1 cod. civ.) o il rinnovo dell’edificio (Art. 1120 co. 4 cod. civ.): sia eventuali innovazioni al palazzo che la ristrutturazione dell’intero edificio necessitano dell’unanimità per deliberare, poiché sono decisioni che riguardano tutti gli inquilini della struttura. 
  • La modifica delle regole di condominio (Cass. sent. n. 13632/2010.): anche nella fattispecie inerente a eventuali modifiche delle norme condominiali è richiesta l’unanimità degli inquilini dell’intero edificio. 
  • La modifica delle destinazioni d’uso (Cass. sent. n. 17397/2004.): se un ambiente dell’intero edificio lo si vuole adibire ad altro, rispetto alla sua destinazione d’uso originale, è necessario il favore di tutti gli inquilini del palazzo, assenti e presenti alle assemblee. 
  • Creazione di parcheggi (Cass. sent. n. 1004/2004.): nel caso della realizzazione di uno spazio per parcheggiare le automobili e i motocicli serve l’unanimità di tutti gli inquilini, in tutte le assemblee.
  • Le divisioni o la vendita (a terzi) delle parti comuni dell’edificio (Art. 1108 co. 3 cod. civ.): se gli inquilini intendono dividersi alcune parti comuni del palazzo, serve l’unanimità della delibera da parte di tutti. Lo stesso vale se si intende vendere, o affittare, una parte comune dell’edificio a terzi, purché sia superiore alla durata di 9 anni. 
  • Le limitazioni agli usi degli appartamenti (Cass. sent. n. 747 e 17886 del 2009.): ad esempio, se un condòmino intende affittare il suo appartamento a studenti universitari, la maggioranza dell’assemblea può essere sfavorevole e imporre limiti. Tali limiti possono essere sciolti o approvati soltanto con il consenso dell’unanimità dei condòmini. 
  • Gli accordi con terzi (Cass. sent. n. 1234/2016.): durante l’assemblea, la maggioranza può deliberare che l’amministratore di condominio finalizzi accordi con terzi. Tuttavia, quando gli accordi con terzi includono beni comuni indisponibili e diritti reali comuni, serve l’unanimità. 

Cosa accade se non si raggiunge l’unanimità?

Constatate le fattispecie in cui è richiesto il consenso di tutti i condòmini, ora è lecito domandarsi cosa succede se l’unanimità, quando è richiesto dalla legge, non viene raggiunta. 

La risposta è semplice. 

La legge prevede che se in particolari fattispecie si necessita dell’unanimità e quest’ultima non viene raggiunta, la delibera può essere nulla o annullata

Vale, tuttavia, la pena ricordare che le delibere adottate all’unanimità hanno anche valore legale

Per cui, tutti i condomini farebbero bene a partecipare alle assemblee di condominio quando serve l’unanimità, anche se può apparire come una scocciatura, poiché la legge è sicuramente dalla loro parte!

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